venerdì 30 gennaio 2009

Fly me to the rabbit

Anni fa, ad una festa sull'Adda, un amico (forse Gio?) mi fece notare che guardando la Luna è possibile individuare la sagoma (un po' storta e deforme) di un coniglio.
Inutile dire che c'è tutta una storia, a riguardo, e che Wikipedia ne parla.

Tre cose

Qui dicono che in Italia il piano Marshall è ancora in vigore.
Qui che si lavora all'ingresso dell'Islanda nell'Unione Europea, per il 2011.
Qui del record raggiunto dal più antico rettile presente sulla Terra: il tuatara è padre a 111 anni.

giovedì 29 gennaio 2009

Exit music (for a film)

E' sempre una trovata artistica di buona efficacia, quella di raccontare una storia i cui protagonisti sono costretti a dover convivere in un edificio per un po' di tempo e sopportarsi a vicenda.
Un castello misterioso, un'unica stanza, una casa isolata. Un invito ufficiale, una nevicata che impedisce viaggi in macchina e telefonate, la distrazione di uno dei personaggi. Molte ambientazioni tornano utili per sviluppare questa strategia, così come le motivazioni dell'isolamento.

Indirizzato così l'intreccio, la scrittura può fare più o meno come segue:
  1. Salta fuori un nemico esterno al gruppo, di qualsiasi tipo. Almeno uno dei personaggi muore, solitamente il più sfigato, o quello che a un certo punto si fa vincere da qualche cinismo e cerca di fregare tutti. Non muore mai quello che va d'accordo con l'attrice protagonista, e viceversa
  2. Salta fuori un nemico interno al gruppo, che molto spesso è lo stronzo, o una tipa, ma non la protagonista
  3. Salta fuori che i membri del gruppo hanno diversi conti in sospeso, e li regolano in quella situazione. Inizialmente litigano molto, di solito, poi però fanno pace
  4. Salta fuori che la convivenza non è forzata, ma decisa e pianificata da qualcuno. Che spesso è un membro del gruppo, e suo nemico.
Dieci piccoli indiani, Signori il delitto è servito, La parola ai giurati, Saw II, almeno due puntate di E.R., il secondo tempo di Dal tramonto all'alba... sono davvero molti i film (o i libri) che adottano questa strategia.
Recentemente ne ho visti due, molto belli: il primo è The breakfast club, un colosso dei film adolescenziali. Il secondo è di John Carpenter, fatto a forma dei film di John Carpenter, e si intitola Distretto 13 - Le brigate della morte.
Se ve ne vengono in mente altri, io sono nel periodo mini-ossessione per sta roba, quindi fateme sapè. (Cose tipo Shining o La grande abbuffata non valgono, perchè l'elemento casuale è bassissimo)

Antieuropeismi

Intercettazione di chiacchiere fatte ieri da due ragazzi su un tram milanese:

- ... allora, Mozart è nato a Strasburgo nel...
- A Salisburgo è nato.
- Ah, Salisburgo?
- Sì, Salisburgo è in Austria, Strasburgo in Francia.
- Sicuro?
- Sì, è la sede del parlamento europeo.
- ...
- ...
- Ma quindi non ci sono persone a Strasburgo?

lunedì 26 gennaio 2009

I fatti altrui ai tempi di Google maps


Visualizzazione ingrandita della mappa

Still thinking different

Apple compie 25 anni. Su Wired c'è un articoletto celebrativo che descrive bene le idee con cui fanno le cose a Cupertino:

"Durante il primo giorno che ho trascorso con i membri del team Mac, lavorando per un pezzo su Rolling Stone due mesi prima del lancio del 1984, loro dissero di considerarsi come un nuovo tipo di hipster* digitali-artisti del silicio (stavo scrivendo silicone!...) determinati ad abbattere i giganti senza volto che dominavano l'industria informatica. Non stavano costruendo un computer per qualche wonks* dietro una scrivania, lo stavano costruendo per se stessi."

* Nerd, tecniconi, smanettoni. Quella roba lì.

Cose che ho imparato venerdì sera

1. Il Live nuovo spacca
2. Gli Smash spaccano (Se cercate la chicca per i fan, oltre a I choose vi consiglio Kick him when he's down)
3. La Tennent's non mi piace, ad ogni sorso sembra di mandare giù budino alcolico
4. Time bomb, Should I stay or should I go, All the small things, gli Ska-P, i Punkreas, i Madness e i Meganoidi: eccezion fatta per un pezzo dei Fratellis, il repertorio punk-ska e affini per gli after nelle discoteche è preciso identico a 5-6 anni fa. Con tutte le considerazioni del caso sul ruolo del deejay nell'epoca delle playlist
5. A distanza di anni, vedere un centinaio di persone scalpitanti con la mano alzata a cantare "Disonora lo stato e brucia la bandiera" fa ancora un certo effetto
6. Anche se "E' tutta una trovata, ci vogliono in galera" rimane un'altra cosa, strabiliante
7. Se stai in discoteca e non balli, le luci ti rimbambiscono. Esci non tanto per scroccare compagnia ai fumatori, ma per non perdere la vista. (Immagino sia un po' così anche per gli scalmanati in pista, ma chi lo sa)
8. Fare il tecnico delle luci dev'essere una gran figata di lavoro
9. I personaggi punk bergamaschi tagliati giù crudi e pieni di tatuaggi (con tanto di Love&Hate sulle nocche) ci sono ancora. Sono dei grandi sbragoni e le loro fidanzate un po' si vergognano, quando fanno casino

Cose che ho imparato dopo venerdì sera: quella canzone di Smash che non mi piace si chiama So Alone.

venerdì 23 gennaio 2009

E rimangono fuori quelle 26

Top five delle canzoni degli Offspring*, in vista del concerto della loro migliore tribute band d'Europa:

1. The kids aren't alright
2. Gotta get away
3. The meaning of life
4. Staring at the sun
5. Dammit I changed again

* gruppo fra i migliori dell'ondata punkofila anni '90. Fecero un disco con cui si portarono via il cucuzzaro nel '94, poi rimasero sempre in prima fila, eccetto qualche recente e perdonabile sbandata. Voce super, chitarrista ottimo, cori ovunque, sezione ritmica che si limita a timbrare il cartellino. Quanto a belle canzoni, ne han fatte parecchie.

giovedì 22 gennaio 2009

Champagnino e tacco 12

Il personaggio in questione è quello che è, ma qui la gialappa mi sembra tornata ad ottimi livelli.

Rivoluzioni che partono dallo specchio di casa

Mangiare carne di canguro, per salvare il pianeta dall'effetto serra provocato da rutti e scoregge di bovini e caprini.

Bonolis era simpatico

Allora, qui le cose sono due, non di più.
O Bonolis e i suoi hanno perso la testa accettando la canzone di quel disgraziato là che non nomino per scelta editoriale, oppure sono dei geni della promozione, e con sta cosa hanno ottenuto un botto di pubblicità per un festival sempre più sfasciato e in decadenza. Oggi tutti scuotono la testa, le arcigay protesteranno e faranno macello, qualcuno dirà che comunque il disgraziato è libero di cantare una canzone in cui dice quello che gli pare eccetera, tutti contenti e poi si farà a gara per tarallucci e vino.
Intanto ci abituiamo a quella tacca in più di cinismo.

martedì 20 gennaio 2009

Capacità di sintesi

Ecco, che rispetto al discorso di Obama il sito del Corriere titoli "Mano tesa all'islam" mi fa abbastanza ridere.
Update: Meglio Repubblica: "E' l'ora delle responsabilità"

Nuovo presidente, di là dall'oceano

Dice di essere stanco.
Ringrazia Bush.
Dice una cosa su tutti i suoi predecessori. E celebra la grandezza del popolo che è stato vicino ai valori fondativi della nazione.
Brutti tempi, dice. Il paese è in guerra, e c'è la crisi. La scuola rovina troppi studenti e la sanità costa troppo ai contribuenti.
Pausa enfatica, dice America e tutti urlano.
Va a braccio, peraltro.
Non si muove dall'affermazione dei valori americani rispetto alle aspirazioni di chiunque, nel mondo.
L'America è più grande delle bravure dei suoi singoli, e migliore delle divisioni che la attraversano.
Oggi si comincia a mettere insieme i pezzi, e a rifare l'America. Ovunque guardiamo c'è qualcosa da fare. (E' questo il vero ringraziamento per Bush?)
Ci sono alcuni che contestano le nostre ambizioni, ma hanno poca memoria: dimenticano le grandi conquiste già ottenute.
Questa crisi ci ricorda che senza un occhio guardiano il mercato può andare fuori controllo, ferme restando le sue capacità di diffondere ricchezza e benessere.
Rifiutiamo come falsa la differenza politica fra la nostra sicurezza e i nostri ideali. (grandissimo!...)
Giro alle grandi questioni internazionali: Afghanistan, minaccia nucleare.
Una cosa militarista sullo sconfiggere i nemici.
Non possiamo più permetterci (verbo interessantissimo) soglie di povertà al di là dei nostri confini.
Le nostre sfide possono essere nuove, i modi in cui le affronteranno saranno nuovi. Ma i valori con cui contiamo di batterli sono vecchi, e sinceri.
Ci viene richiesta un nuova era di responsabilità. Dobbiamo rispondere ad una serie di doveri, e non c'è niente di più bello di dedicarsi alle cause che ci chiamano ad agire. Questa è la nuova misura della cittadinanza.
Richiamo poetico alla fondazione degli Stati Uniti e ai padri della patria.
... quando nulla tranne speranza e virtù poteva sopravvivere.
Orizzonte davanti e sguardo di Dio sopra, si va avanti per il cammino.
Grazie, God bless you, eccetera.
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Un bel discorso, già istituzionale e piuttosto puntato. Non nasconde i brutti tempi all'orizzonte, il lavoro che c'è da fare e i grandi pericoli del futuro. Smorza il richiamo ai sacrifici con patriottismi e motivi della sua campagna elettorale (speranza contro paura). Rinuncia al finalone entusiasmante e dal sapore storico, sicuramente non per mancate capacità (ne ha fatti a decine) ma, immagino, per coerenza con l'aria che tira.
Meglio così.

Si inaugura, di là dall'oceano

Comincia il discorso di Obama.

Gran-di

A me il disco nuovo dei Franz Ferdinand piace molto.
Come gli altri due, del resto.

"Security"

Via Francesco Costa, l'incredibile storia capitata a Giovanni Fontana, pubblicata sul suo diario dalla Palestina.

lunedì 19 gennaio 2009

Let's impeach the president for ineptitude

Il capo dei buoni è stato in giro 8 anni, ma non ci è piaciuto tanto. Ha vinto ma non ha vinto, che nella prima elezione del terzo millennio fecero un casino con le schede, la perforazione elettronica, il fratello governatore e vai a sapere cosa successe. Poi, sotto il seal dell'aquilona, ha detto cose che sentivamo distantissime dal nostro modo di pensare, ha appoggiato persone con cui sentiamo di condividere pochissimo e preso decisioni che ci sono sembrate sbagliate e dannose. Era un bel gigione, con l'aria da scemotto imbranato, che ha collezionato gaffe esilaranti a piovere, per non parlare del salatino che gli è andato di traverso e che quasi lo ammazza.
Però, per diventare un filo seri, non era malvagio. L'idea, molto di successo in una parte della sinistra europea, che George W. Bush fosse un imbecille incattivito e che tutte le sue decisioni fossero tessere di un mosaico messo in piedi da un gruppo di squali neocon pronti alla guerra termonucleare globale è stupida e non serve a capire.
Molto spesso Bush è stato dipinto come arrogante, ignorante e talvolta burattino nelle mani del suo staff. L'approccio ha lo stesso sapore delle tesi cospirazioniste sull'11/9, che guardacaso accusano proprio la sua amministrazione di aver mandato a morte 3000 civili in tempo di pace.
A volte le cose sono osservabili da un'angolazione molto più semplice, che al limite complica tutto quello che viene dopo di loro, ma non corre il rischio di deformare la realtà aggiungendo elementi di finzione: Bush era inetto, non malvagio.

giovedì 15 gennaio 2009

Cuoppo allessa

Avrei scommesso piuttosto tranquillamente sul successo di Gomorra agli Oscar, per molti motivi. In ogni caso, mi sono sbagliato.

Obama come?

Da tempo, Christian Rocca posta una foto di Obama seguendo il countdown fino al 20 gennaio. Qui sopra una delle migliori.

Obama chi?

Un critico televisivo americano ha scritto che, di là dell'oceano, la prima puntata della quinta stagione di Lost sarà l'appuntamento più importante della settimana.

lunedì 12 gennaio 2009

Preferirei il paradiso per il clima, l'inferno per la compagnia e il pluralismo per questo mondo

-Poi il post è diventato qualcos'altro, rispetto a quello che voleva essere. L'ho scritto in due giorni diversi per pubblicarlo lunedì mattina. Prendetelo come vi pare-

Da qualche parte, qui, Nich mi chiede di rispondere a una domanda. Rispondo a casa mia, che col tutto il tempo che ci metto, almeno aggiorno il blog, nel frattempo:

Parte breve. Secondo me ci sono altri elementi da considerare.

Parte medio-breve. Attribuire in massima parte agli israeliani la responsabilità della nascita e del successo di movimenti islamisti radicali è parziale e limitante: ricorda molto la posizione secondo cui le responsabilità degli attentati dell'11/9 erano delle politiche americane.

Parte lunga-lunga: parliamone, di Hamas.

Premessa: l'idea secondo cui "Io non sono razzista, ma per forza i musulmani sono così, lo dice il Corano di fare la guerra santa agli infedeli, è una religione antidemocratica" è esattamente quella contro cui mi batto, per quel che conosco. Perchè secondo me scambia il ramo per la radice.
Svolgimento: ho dei ricordi della storia del pensiero islamico, del ruolo fondamentale che ha giocato nella conservazione, trasmissione e poi diffusione dei testi dell'antichità greco-romana mentre in Europa Aristotele non se lo filavano nemmeno vescovi e barbe lunghe (anche perchè il greco mica lo sapevano, loro). Ho in mente qualche nozione delle quattro scuole interpretative del Corano, del dibattito sulla sua creazione e non creazione. Qualcosa so ancora, sulla contraddittorietà di pensiero (che è inevitabile, quando tutto nasce da un libro di millequattrocento anni fa che mescola fede e diritto, costruendovi un modello di società) con cui il mondo islamico ha risposto all'avvento della modernità, cioè all'ondata colonialista europea prima e al crollo dell'impero ottomano poi. Insomma, saprei dire due scemenze, basandomi su quello che so, a proposito dello spartiacque rappresentato dai Fratelli musulmani: movimento islamico internazionale (egiziano, soprattutto) nato negli anni '20.
Ecco, loro erano di quelli eterogenei, ambigui, se vogliamo. Di quelli che volevano convertire tutto il creato (l'islam è proselitista, mica si inventavano nulla. E' che c'è modo e modo, secondo il Corano, di stare al mondo e di confrontarsi con le altre religioni) ma -dicevano- senza la spada. Solo col libro e con la parola del profeta. Poi un po' hanno cambiato idea, un po' no. Un po' hanno detto che la spada in fin dei conti, un po' no. Un po' hanno rivendicato atti di violenza, un po' no. Un po' hanno detto che l'Olocausto era una messa in scena, un po' no. Eccetera. Di certo, negli anni '50, si opposero molto alle politiche di rinnovamento tanto care a Nasser, il quale decise di perseguitarli duro, torturarli e ammazzarli. Il che ebbe l'effetto di radicalizzare le idee del movimento. Fra gli ammazzati, ce n'era uno che si chiamava Sayyid Qutb, e che dopo la morte allargò la sua popolarità. E' considerato il capofila dell'islamismo radicale, cioè di quella scuola interpretativa del Corano più oscurantista e totalizzante. Lui era uno di quelli convinti della necessità di ripristinare l'istituzione del califfato post-maomettano, e basare ogni legge su una severa interpretazione della sharia. Non condannò mai, nelle sue idee, quella di praticare atti di terrorismo e di spiegarli con la logica del jihad (E' maschile, son sicuro. E il jihad, nel Corano, è un concetto molto più articolato e multiforme di come lo vogliono vendere fondamentalisti e Lega Nord). Visitò gli Stati Uniti, Qutb, ne pensò tutto il male possibile, e guai a parlargli degli incontri di pugilato. Non voleva saperne del sionismo, tantomeno del neonato stato di Israele. Questo per inquadrare il tipo, dal punto di vista politico. Suo fratello si chiamava Mohammed. Mohammed riuscì nell'intento di divulgare le idee del fratello: scappò dall'Egitto e, con altri fratelli musulmani, si rifugiò in Arabia Saudita. Là pubblicò gli scritti di Sayyid e divenne insegnante di studi islamici nell'università di Jedda, dove fra i suoi allievi ebbe -guess who?- Osama bin Laden. Da qui la tendenza a individuare Sayyid Qutb quale uno dei pensatori più influenti per Al Qaeda.
Tutto questa secchionata (ultrapanoramica, ma stamo a bloggà) per arrivare al punto. Hamas è nato da un'ala radicale dei fratelli musulmani. Il suo atteggiamento nei confronti di Israele è ideologicamente figlio di quel mondo lì. L'impalcatura teorica su cui basa le sue lotte è l'idea di clan medievale su scala globale. Hamas venera Sayyid Qutb come martire ucciso dai musulmani traditori della fede più pura. Hamas comunque odierebbe uno stato ebraico. Hamas sostiene una visione della contemporaneità non conciliabile con le istanze illuministe e di tolleranza alle quali tutti noi ci rifacciamo, e che il cielo le conservi. Dei nodi attraverso cui queste ultime devono passare per coabitare con la fede dei cinque pilastri, questa tendenza ha una sola risposta: lo scontro violento, anche terrorista.
Conclusione: la presenza di un movimento simile in lotta contro Israele si spiega anche indipendentemente dal conflitto arabo-israeliano. Dire che Hamas è (solo, o soprattutto) il risultato dell'atteggiamento di Tel Aviv, secondo me, significa non fare i conti con le caratteristiche teoriche, autentiche e peculiari su cui si basa il partito. A bocce ferme, per di più. A prescindere, cioè, dalle condizioni materiali di vita dei palestinesi nella striscia e dalla frustrazione dovuta alla miseria cresciuta nella seconda generazione dei profughi di quei territori, favorendo il loro consenso verso estremismi fanatici.
Poi, certo, la spirale si autoalimenta. Certo, si aggiungono le condizioni materiali di vita. Certo, si installa anche la frustrazione dovuta alla miseria. E certo, rispetto a questi elementi (insieme alle leadership palestinesi) anche Israele ha delle responsabilità, che devono essere analizzate a fondo dalle sue classi dirigenti. Ma del brodo ideologico che bolle da quelle parti Israele non ha nessuna responsabilità, fatta salva quella di esistere.

giovedì 8 gennaio 2009

Meanwhile

Ieri sera, un po' per caso, ho visto I cento passi. Verso la fine, pensavo che non mi stava piacendo più di tanto. Che lo sforzo, in un film italiano, di raccontare l'ennesima storia di giovani idealisti duri e puri opposti alla mediocrità mafiosa ed omertosa di una provincia siciliana, il tutto condito da pezzi rock dell'epoca e immagini di repertorio del tg1, non fosse poi un'invenzione così preziosa.
Finisce piuttosto male, il film. E sulla dissolvenza finale attacca con scritte bianche su sfondo nero che dicono una cosa notevole, da me ignorata: si tratta di una storia vera. Peppino Impastato viveva davvero, mentre lottava insieme a noi.
A saperlo, il film non ne guadagna. Anzi, forse perde qualcosa in creatività. Facilmente superata, come molte altre volte, dalla fantasia della realtà.

mercoledì 7 gennaio 2009

Risposta a Nich

1) L'articolo dell'IHT, che rilinko qui, osservando i miglioramenti tecnici del lancio dei missili da parte di Hamas non si riferisce agli scorsi giorni di guerra (alla quale io sono contrario, ribadisco) ma agli anni scorsi, durante i quali città come Sderot sono state distrutte per una metà, ed evacuate per l'altra. E 15 secondi non sono un grande lasso di tempo per ripararsi da un missile, in tempo di pace.

2) Sei libero di dire che è falso che il Likud fosse favorito alle prossime elezioni, ma i sondaggi, dal 30 ottobre in poi, dicono che è vero. Chiaramente non tutti, come sempre succede in questi calcoli. Ma parecchi . Diciamo che almeno se ne può parlare.

3) Non nego che i palestinesi siano i veri macellati, nella storia di questo conflitto. Non sono mai stato una iena con peli sullo stomaco grossi così, su queste cose, sulle quali anzi m'infiammo. E non cambio idea nel 2009. Ma penso che sia giusto anche parlare delle responsabilità delle loro leadership, rispetto alle loro miserie.

4) Sono disposto a rispondere "senz'altro" a chi mi chiede se Israele ha commesso errori, "sì" a chi mi chiede se ritengo che sia corresponsabile della crisi umanitaria in corso (alla quale però cerca anche di rimediare) e mi sembrano pessimi e controproducenti gli estremismi da "mi prudono gli F-18" ospitati nella sua società. Quello di cui rimango convinto, in generale, è che Israele sia una democrazia che non vive in sicurezza, confinante com'è con gruppi terroristici (finanziati da chi, lo sanno anche i sassi) che ritengono criminale la sua stessa esistenza. Più di tutto, credo che si meritino il mio pur tiepido, traballante e gasparriano appoggio, da quelle parti, perchè cercano di fare la cosa migliore.
E trovo assolutamente compatibile con le cose del mondo in cui viviamo, l'osservazione per cui spesso non ci riescano.

Vittime sospette e carnefici privilegiati

Poi nella questione israelo-palestinese che si sta rinnovando in questi giorni esiste senz'altro una questione etica, o umanitaria, e sono l'ultima persona del mondo che la vuole trascurare. Ma su tutto il resto trovo che qui si dicano cose sensatissime, alcune delle quali poco conosciute (da me prima di tutti).

martedì 6 gennaio 2009

Tra parentesi il commento dei commenti

Ieri repubblica ha ospitato l'analisi (imparziale e pessimista) del direttore della rivista Limes. Fesso io ad accorgermene solo ora.

La versione online non mi piace, imballata com'è di link e finestrucole varie, ma i fatti di Gaza mi danno l'occasione di leggerne qualcosa: questo commento ospitato dal Jerusalem Post definisce un'illusione l'ipotesi per cui:"se i palestinesi potessero avere un loro stato indipendente questo porterebbe pace e sicurezza ad entrambi i gruppi, e gli attacchi ad Israele cesserebbero." (E allora cosa rimane, di là dall'ostacolo?)

Hitchens, parafrasando, dice che:
  1. potrebbe proprio non essere un caso che quest'offensiva sia arrivata in un periodo di transizione presidenziale a Washington
  2. ci sono le elezioni, a febbraio, e se fino al mese scorso la vittoria del Likud sembrava cosa facile, ora le carte si sono rimescolate
  3. anche l'autorità palestinese avrebbe dovuto mettere insieme delle elezioni. E a quanto pare Hamas non scalpitava all'idea, viste le condizioni di vita vigenti a Gaza (e l'embargo c'entra relativamente)
  4. i recenti fatti potrebbero aver ulteriormente rinviato l'ascesa politica di una leadership palestinese democratica e secolarizzata (good point, Hitch).
Qui invece si dice che Hamas ed Hezbollah hanno qualche cosa, in comune:
  1. entrambe saltano fuori dallo scenario post '82 e sono ideologicamente figliastre delle politiche della destra israeliana in generale e di Sharon in particolare (non vado matto nemmeno io, per Sharon, ma a ragionare così lo si incrimina anche per l'omicidio Kennedy)
  2. argomento della loro cresciuta efficacia tecnica, che paradossalmente da un bel giro a chi dice che in fin dei conti i razzi di Hamas non fossero poi così pericolosi (tutti froci, col culo degli altri): sono aumentate le abilità e la determinazione nel loro utilizzo. Cosa più importante, ci sono stati miglioramenti nella protezione dei lanciarazzi dalle incursioni israeliane
Il resto del pezzo è molto indulgente, con i due gruppi di cui sopra. E molto poco (ding!) con Israele.

lunedì 5 gennaio 2009

Fatti sotto, Uomo del Monte

(Foto presa qui)

Avere speranza contro ogni speranza

Non ho mai nutrito molte e ferme convinzioni circa il conflitto arabo-israeliano. Tendenzialmente, la mia posizione ha sempre ondeggiato dalle parti di un dispiaciuto "il più pulito c'ha la rogna", che non riusciva a capire la solidità delle opinioni di cui sono invece lastricati molti, filo di qua o filo di là.
Qualche giorno fa, chiacchierando col nichilista, abbiam parlato di un libretto equilibrato sulla questione, e letto da entrambi. La mia lettura è stata significativa, gli ho detto, perchè ripercorrendo la storia del conflitto si nota come in tutti i suoi episodi (eccetto Libano '82) Israele sia stata più aggredita che il contrario.
Recentemente trovo qualche cosa in meno da obiettare a chi sostiene le ragioni di Israele nel conflitto. Che non significa dare del terrorista antiebraico* al primo che dice "Ma guarda che però anche i palestinesi non sono delle bestie", ma più che altro esprimere un sentimento di solidarietà, diciamo così, nei confronti di uno stato che -comunque, qualsiasi altra cosa si possa aggiungere- parla democratico, laggiù.
E no, non vuol dire nemmeno che allora Israele ha sempre ragione o che i morti palestinesi sono meno morti, o che guarda che i deboli stanno dall'altra parte e gli hanno portato via la terra. Su faccende come questa, trovo che ogni posizione di per sè definitiva, proposta come chiave di lettura di qualsiasi evento sia stupida e sbagliata -comunque, eccetera-.
Per riprendere un argomento caro ai filopalestinesi, il numero di morti e feriti difficilmente ha arbitrato ragioni e torti di un dato conflitto. Prima, sopra, (e collateralmente, in un certo senso) devono essere valutate dozzine di cose: le idee secondo cui si combatte; le prassi, gli atteggiamenti, gli schieramenti e le alleanze in base alle quali vengono prese le decisioni; la capacità di scalpellare il marmo con cui ci si difende il petto e le buone fedi con cui si combinano disastri. Rispetto a questi elementi Israele sta un gradino sopra, secondo me. Poi ognuno la pensa come vuole, attribuisce l'importanza che gli pare al dialogo fra le parti (tanta, tantissima, altro che il monte Ararat su cui è finito Noé: ma vaglielo a spiegare, ai sostenitori di Hamas) e fa i conti con gli estremismi coinvolti nella "fazione" in cui si trova come meglio gli riesce.
Per i dibattiti c'è sempre spazio. Su se e quanto e come sia accettabile l'offensiva israeliana e, ammesso che lo sia, su se e quanto e come possa essere utile e funzionale agli stessi obiettivi della politica israeliana, si possono fare le cinque del mattino sereni sereni.
In generale, e tralasciando la questione umanitaria che comunque un suo notevole peso ce l'ha, io penso che il pugno duro e la pace a forza di carri e innocenti civili morti ammazzati possono (anche, forse) dare qualche risultato nel breve, ma (anche, certamente) che serve ben altro nel lungo periodo, per assaggiare le condizioni concrete di pace e tranquillità che Israele -comunque, eccetera- merita di godere, e che Hamas -comunque, eccetera- lotta per impedire. Quindi no, non penso che gli israeliani facciano bene, a fare quello che stanno facendo in questi giorni. Però a loro posso dirlo.
E non che si scopra chissà che cosa, ricordandosi delle logiche autodistruttive interne ad ogni atto di guerra, dei burroni in cui si frana esercitando violenza per sè stessa e ribadendo la facilità con cui si possono involontariamente appiccare incendi di odio cercando di fare la cosa migliore.
Ma quello è, tendenzialmente: chiedete a Isacco e Ismaele.

* Io sono del partito per cui "l'uso fa la lingua". Se una parola si usa in quel senso lì, allora ha quel senso lì. E se non si usa mai, allora non esiste: non sono leggi fisiche, le parole, e non preesistono al loro utilizzo. Però, ecco, la parola "antisemitismo" usata con significato di odio pregiudiziale contro gli ebrei è completamente fuori luogo. Incredibile come ancora giornali e politici la usino con disinvoltura. E spiace notare come su questo anche Wikipedia manchi il bersaglio.

domenica 4 gennaio 2009

La guerra di Piero

Sì, il titolo del post è un po' una vaccata, ma dare torto a Fassino, in questo caso, è abbastanza difficile.

Praga è molto bella

Me la cavo con le quattro parole qui sopra, per evitare il solito post di ritorno da un viaggio.